
Due sentenze recenti della Cassazione sembrano contrastare tra loro: la prima (Cassaz.pen., Sez. VI, 8 gennaio 2018, n. 190) stabilisce che una scuola vada chiusa perché ha indice di livello di sicurezza della costruzione1 pari a 0,985, ossia 0,015 inferiore al minimo, mentre la seconda (Cassaz.pen., Sez. VI, 15 maggio 2019, n. 21175) che un’altra scuola, con indice 0,26 (quindi di gran lunga “peggiore” della prima) debba continuare ad essere utilizzata.
Per chi non pratica tribunali, come chi scrive, è difficile comprendere dalla lettura delle sentenze se le stesse siano entrate nel merito, in tal caso contrastando tra loro e con la logica, oppure si siano limitate ad una valutazione formale degli atti precedentemente adottati e sui quali la Corte era chiamata ad esprimersi.
Certamente, anche ad una lettura superficiale, la seconda sentenza pare affrontare in modo più approfondito la tematica: dove la prima, infatti, si limita ad affermare che il non raggiungimento del valore minimo indicato dalle NTC 2018 (pari a 1) dell’indice di livello di sicurezza della costruzione costituisce motivo di chiusura dell’edificio, la seconda sancisce che, avendo il Comune dato corso ad interventi strutturali tali da eliminare le criticità statiche e programmato un investimento triennale per il miglioramento/adeguamento sismico della scuola, la stessa non debba essere chiusa.
Ciò che, però, pare evidente è che chi ha la responsabilità di stabilire se una scuola sia o meno da chiudere – in entrambi i casi citati i Sindaci dei Comuni in cui le scuole si trovano, rispettivamente Roccastrada (GR) e Serramazzoni (MO) – potrà incorrere in guai giudiziari qualunque sia la decisione presa: situazione a dir poco allucinante, che fa ben capire come per ambire alla carica di Sindaco sia necessaria una considerevole dose di pazzia.
Di certo è piuttosto avvilente constatare che, nel Bel Paese, ogni questione debba essere rimessa al giudizio della magistratura. E ciò non tanto e non solo per un desiderio della stessa di apparire quanto per una classe politica – e, direi, tecnica – che per palese incapacità o peggio per rifiuto della responsabilità emana norme fumose.
Restano due domande: nella malaugurata evenienza che un terremoto provochi il crollo della seconda scuola prima che la stessa sia sottoposta ai programmati interventi, chi ne avrà la responsabilità?
E qualora qualche studente o insegnante dovesse uscirne ferito o morto, come dovranno reagire i parenti ed in generale gli italiani?
I commenti, tecnici o meno, sono graditi.
Renato Fuchs
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1 “Nelle verifiche rispetto alle azioni sismiche il livello di sicurezza della costruzione è quantificato attraverso il rapporto ?E tra l’azione sismica massima sopportabile dalla struttura e l’azione sismica massima che si utilizzerebbe nel progetto di una nuova costruzione.” (NTC 2018, art. 8.3)
Link alle sentenze:
> Cassazione penale, Sez. VI, 8 gennaio 2018, n. 190
> Cassazione penale, Sez. VI, 15 maggio 2019, n. 21175
2 Commenti. Nuovo commento
Grazie per aver sollevato la questione. A mio modesto parere gli interventi dell Cassazione non mutano lo scenario definito dalle norme in vigore, al massimo ne hanno stimolato una più attenta lettura. Oggi entrambe le scuole (Roccastrada e Serramazzoni) mi risultano aperte, a norma di legge.
E’ comunque interessante notare che nell’ultima sentenza di definisce la scuola “ASTRATTAMENTE vulnerabile in caso di terremoto”, a sottolineare che la natura probabilistica dell’azione sismica diventa “Incerta”, quindi “non certa”, quindi “astratta” ed infine non fonte di rischio.
Questo è in linea con le NTC e con tutte le norme che regolano la conformità edilizia tramite il concetto di “agibilità”, che si può riassumere in un set di requisiti necessari e sufficienti a permettere l’uso. In questo set ci sono i maniglioni antipanico, ma non c’è la vulnerabilità sismica.
La sensazione è che il “riassicuratore finale”, lo Stato abbia rinunciato per calcolo a stabilire soglie minime che, pur basse, avrebbero generato una emergenza strutturale con costi certi. Ha invece accettato, probabilisticamente, qualche crollo e vittima: costa meno.
La pigrizia (calcolata) in questo senso è confermata dallo sviluppo cronologico. Dopo San Giuliano è stato introdotto l’obbligo di verifica, ma con scadenza prorogata all’infinito e soprattutto senza conseguenze per gli inadempienti. Conviene chiedersi che senso ha un obbligo senza sanzione o conseguenze. Dopo L’Aquila il Governo stabilì un termine di sei mesi dalla valutazione per l’avvio dei lavori, pena la chiusura della scuola. Obbligo stralciato nella conversione in legge ad opera del Parlamento.
Mi scuso per la prolissità.
Chiudo, ringraziando per lo spazio, constatando che in varie comunità i genitori sono costretti ad imporre ai Sindaci dei valori minimi facendo leva unicamente sulla pressione sociale-elettorale. Temo che quest’ultima sentenza spunterà la loro unica arma.
Grazie per il commento, articolato e chiaro.
Avendo avuto a che fare, da vicino, con tutte le emergenze sismiche dell’ultimo decennio mi sono convinto del fatto che sia un errore che lo Stato si faccia carico sempre del risarcimento dei danni, con ciò implicitamente riconoscendo una propria responsabilità: così facendo infatti si premia chi non ha fatto nulla per ridurre, se non eliminare, il rischio sismico e si penalizza chi invece ci ha investito del suo.
Il cittadino quindi non ha alcuno stimolo – se non quello dell’incolumità sua e dei suoi familiari – per darsi da fare.
Concordo pertanto totalmente con Lei: il problema sta nella pigrizia, inerzia, incapacità ed indecisione dei Governi (tutti).